All’inizio pensai che si fosse spaventata per il flash o per le risate degli invitati. Ma guardandola meglio, capii che qualcosa non andava. I suoi occhi erano agitati, pestava gli zoccoli e spinse Alex con il muso, come per allontanarlo.
Ero così felice quella mattina: il vestito bianco, i fiori, la musica e la mia amata cavalla, Luna. Mio padre me l’aveva regalata quando avevo sedici anni e da allora siamo state inseparabili. Lei percepiva le mie emozioni meglio di chiunque altro.
Alex sembrava divertirsi, scherzava dicendo di essere “geloso della cavalla”. Ma all’improvviso Luna cambiò comportamento.

Emise un nitrito lungo e profondo, scosse la testa e tirò le redini. Alex cercò di calmarla, ma lei lo morse alla mano. Rimasi paralizzata: Luna non era mai stata aggressiva.
La giornata continuò, ma Luna fissava Alex con uno sguardo cupo. Quella sera tornai nella stalla. Mi accolse dolcemente, poggiando la testa sulla mia spalla. Notai però un piccolo graffio vicino al suo orecchio, accanto al microchip. Chiamai il veterinario.
Egli trovò qualcosa di strano: non un chip normale, ma un minuscolo dispositivo di tracciamento.

Pochi giorni dopo scoprii la verità: Alex aveva venduto illegalmente animali di una fattoria vicina, usando i miei documenti. Il dispositivo serviva per seguirli.
Luna aveva riconosciuto l’odore dell’uomo che anni prima aveva portato via il suo puledro. E cercava solo di proteggermi.
Il matrimonio non si fece mai. Ma ogni volta che Luna appoggia il muso sulla mia mano, capisco di aver perso un uomo, ma di aver guadagnato l’amica più leale.