Vent’anni fa un giovane biologo di nome Andrei stava studiando la fauna nelle foreste africane. Un giorno, tra i rami, sentì un suono di dolore. Seguendolo, trovò una gorilla intrappolata in una tagliola di bracconieri.
La zampa era ferita e insanguinata. Andrei capì che poteva essere ucciso con un solo colpo, ma non si mosse. Con voce calma le parlò e, lentamente, tagliò la trappola di metallo.
L’animale emise un urlo ma non lo attaccò. Lui rimase fino al tramonto, curando la ferita. Prima di andarsene, la gorilla lo fissò con uno sguardo profondo e poi scomparve tra le ombre.

Molti anni dopo, Andrei era tornato in Russia. Era sposato, aveva un figlio, ma quel ricordo non l’aveva mai lasciato.
Un giorno ricevette una lettera da un parco africano: una gorilla stava mostrando comportamenti strani — portava frutta agli uomini e li difendeva da altri animali.

Andrei tornò nel parco. Quando la vide, il cuore gli si fermò. La gorilla si avvicinò lentamente, si inginocchiò e tese la mano. Lui fece un passo avanti e la toccò. La foresta tacque. Poi l’animale lo abbracciò con dolcezza.
I ricercatori filmarono tutto. Quelle immagini fecero il giro del mondo. Tutti compresero che anche le creature selvagge ricordano la bontà. La storia di Andrei e della gorilla divenne un simbolo di speranza e di rispetto tra uomo e natura.