Nel cuore di una foresta antica, dove il vento parla piano tra gli abeti, c’è una piccola radura. Lì, una croce di legno segna una tomba solitaria.
Attorno, tracce profonde di zampe — sempre le stesse. Sono di Bruno, un grande orso bruno che torna ogni giorno da colui che gli ha dato la vita.
Tanti anni fa, un vecchio di nome Andrea viveva da solo in una capanna di legno. Un giorno trovò un cucciolo tremante accanto al corpo della madre, uccisa dai bracconieri. Non poté lasciarlo lì. Lo prese con sé, lo nutrì con latte caldo e lo chiamò Bruno.

Col tempo, Bruno crebbe forte e libero, ma non dimenticò mai chi lo aveva salvato. Tra l’uomo e l’orso nacque un legame raro, fatto di silenzi e fiducia.
Andrea non lo chiuse mai in gabbia: gli insegnò a vivere nella foresta, a cercare miele, pesci, bacche… ma Bruno tornava sempre alla capanna, dove sentiva di appartenere.
Quando Andrea morì, nessuno se ne accorse subito. Solo i cacciatori, qualche giorno dopo, notarono la terra smossa e le orme attorno alla tomba.

Pensarono che l’orso cercasse cibo, ma presto capirono: veniva solo a sedersi. A volte si sdraiava, chiudeva gli occhi, restava in silenzio — come se pregasse.
Per anni Bruno è tornato ogni giorno, senza mai mancare. In inverno dormiva nella grotta vicina, e in primavera ricominciava il suo pellegrinaggio.
Un mattino, il guardaboschi lo trovò lì, immobile, con la zampa appoggiata sulla croce. Sembrava dormisse, sereno.
Da allora, nessuno osa disturbare quel luogo. Gli abitanti lo chiamano La radura dei due amici. E quando il vento passa tra gli alberi, si abbassa, come per rispettare la loro eterna amicizia.