Camminando lungo un fiume profondo, vidi qualcosa di scuro galleggiare sull’acqua. Pensai fosse un ramo, ma avvicinandomi capii che era un piccolo orso.
Giaceva immobile, con le zampette rivolte al cielo. Senza riflettere, immersi le mani nell’acqua gelida e lo tirai a riva. Il suo pelo bagnato mi si appiccicava alle dita. Tentai di rianimarlo, lo scossi piano, gli parlai come a un bambino. Ma niente. Nessun respiro.

Proprio allora un suono profondo risuonò dietro di me. Mi voltai lentamente e la vidi.
Una gigantesca orsa era apparsa dal bosco, gli occhi infuocati di rabbia. Quando vide il suo piccolo tra le mie braccia, credette che fossi io l’assassino.
Con un ruggito tremendo si alzò sulle zampe posteriori. Il terreno tremò. Terrorizzato, lasciai cadere il cucciolo e corsi lungo la riva. Ma lei era più veloce. Mi raggiunse in pochi istanti e mi colpì alla schiena con una zampata terribile.

Il dolore fu lancinante, il sangue mi bagnò la camicia. Ma la paura mi diede forza. Corsi nella foresta finché il suo ruggito non svanì tra gli alberi.
Quando arrivai sulla strada, distrutto, capii: la natura non chiede pietà, solo rispetto… e distanza.