Ho cercato di salvare un gattino intrappolato, ma quando mi sono chinata per prenderlo, ho visto qualcosa tra le grate che mi ha gelato il sangue.

Tornando a casa dal lavoro camminavo in fretta. Pensavo solo a una doccia calda e alla cena. Era sera, le strade erano quasi vuote. I lampioni proiettavano ombre lunghe, e l’aria odorava di pioggia e ferro.

All’improvviso, con la coda dell’occhio, notai un movimento vicino a una grata. Mi fermai. Lì, tra l’ombra, vidi un piccolo gattino. Si aggrappava al bordo, miagolando disperato. I suoi occhi brillavano di paura e speranza.

Mi inginocchiai e allungai la mano, ma il gattino si ritrasse e scomparve nel buio.
— Ha paura, pensai.

Poi riapparve. Il suo sguardo era diverso: non chiedeva aiuto, mi chiamava. Come se dicesse: “Guarda.”

Provai di nuovo. Stessa storia. Fuggiva, poi tornava. Capì allora che non voleva essere salvato — voleva che guardassi giù.

Mi abbassai lentamente e guardai attraverso le sbarre. All’inizio vidi solo sporcizia e foglie bagnate. Poi, nell’ombra, distinsi piccole forme immobili. Non erano rifiuti. Erano altri gattini. Morti.

Mi ritrassi, con il cuore impazzito. Il piccolo mi fissava ancora, con gli occhi lucidi.

Sollevai la grata. Un odore pesante di umidità e putrefazione salì su. Là sotto, qualcosa si mosse. Per un attimo, mi sembrò una mano.

Il gattino miagolò di nuovo — un suono lungo, quasi umano.

E poi udii una voce roca:
— Aiutami…

Non veniva dal gatto.

Mi alzai di scatto. Guardai giù: il gattino era sparito.

Solo il buio. E un sussurro che risaliva lentamente:
— Aiutami…

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