Il sole tramontava lentamente sulla savana africana, tingendo l’aria di luce dorata. Il gruppo di turisti camminava tranquillo, mentre i genitori della piccola Anna scattavano foto, certi che la figlia dormisse nella carrozzina.
Ma quel giorno il destino aveva altri piani.
Svegliata dal canto degli uccelli, Anna si guardò intorno, poi uscì dalla carrozzina con un sorriso curioso. Gli insetti luccicavano, le foglie frusciavano, il vento caldo accarezzava il suo viso. Strisciando, la bambina si allontanò, sempre più affascinata dal mondo che la circondava.

Tra i cespugli, un’ombra si mosse. Un leone maestoso apparve, con la criniera che brillava al sole. Il suo sguardo era profondo e potente. Si fermò, e il silenzio calò sulla savana.
Un ruggito ruppe l’aria. Chiunque sarebbe rimasto paralizzato dalla paura. Ma Anna rise. Per lei, era solo un “grande gatto”.
Il leone si avvicinò lentamente, passo dopo passo, fino a pochi metri da lei. Tutto sembrava fermarsi. Poi accadde l’impossibile: Anna tese la mano verso di lui.
Il leone si bloccò. Respirò lentamente, abbassò la testa e lasciò uscire un suono dolce, quasi tenero. L’innocenza aveva domato la forza.

Quando i genitori accorsero, il loro cuore si fermò: la figlia era lì, seduta davanti al re della savana. Ma il leone non la toccò. La proteggeva.
Un ultimo ruggito, un ultimo sguardo, e il leone scomparve tra le erbe alte.
Da quel giorno, raccontano, non attaccò più nessuno.
Ogni tanto lo si vedeva apparire all’orizzonte, silenzioso, come se vegliasse ancora sulla bambina che un tempo aveva toccato il suo cuore.