Mi svegliai per un rumore insistente. Il mio cane Bruno, di solito tranquillo e pigro, stava contro il muro abbaiando come se avesse visto qualcosa di terribile.
Il pelo era irto, la coda tra le gambe, e gli occhi pieni di paura. All’inizio pensai che avesse sentito dei topi, ma la sua reazione era troppo violenta.
— Bruno, basta, — sussurrai, ma lui continuò. Con le zampe graffiava l’intonaco, ringhiando.
Il cuore cominciò a battermi forte. La casa, dove vivevo da solo un mese, aveva sempre avuto un’aria inquietante: assi che scricchiolavano, crepe mal stuccate. Appoggiai l’orecchio al muro e udii un leggero fruscio, come di qualcuno che si muoveva dentro.

Con la torcia del telefono vidi una piccola fessura. Premetti piano e un pezzo di intonaco cadde, rivelando un’apertura scura. Bruno abbaiò più forte, poi indietreggiò, come terrorizzato.
Un soffio gelido uscì da lì. Con un cacciavite allargai il varco e mi trovai davanti a un passaggio stretto che scendeva. La scala di legno era marcia, ogni gradino gemeva sinistramente.
Il seminterrato sembrava un vecchio rifugio. Al centro c’era un armadietto metallico arrugginito. Sul pavimento impronte fresche di fango: qualcuno era stato lì da poco. Bruno piagnucolava accanto a me.

Aprii l’armadietto e mi ritrassi: dentro c’erano fotografie ingiallite di una famiglia e una bambola di porcellana con il volto incrinato. Sul retro delle foto era scritto: “Torneremo a prenderla.”
Dietro di me un rumore secco. Girandomi vidi un’ombra umana sulla scala, che svanì subito.
Bruno abbaiò, la porta si chiuse con un colpo. Mi lanciai verso la scala, ma sentii un respiro distinto. Non ero sola: qualcuno sapeva che avevo scoperto il suo segreto.